Nel mondo della sostenibilità aziendale, le buone intenzioni non bastano più. È finita l’era dei proclami: oggi a fare la differenza è la misurabilità dell’impegno. Questo vale per ogni dimensione ESG (Environmental, Social, Governance) e si traduce in una sola parola chiave: dati.
Perché la qualità del dato si associa al concetto di libertà?
Potrebbe sembrare un paradosso, ma in realtà è un principio cardine della trasformazione sostenibile: più un’azienda raccoglie e analizza dati di qualità, più è libera di scegliere e di comunicare le proprie scelte.
Perché senza dati, non c’è trasparenza. E senza trasparenza, non c’è fiducia: né da parte degli investitori, né dei consumatori, né tantomeno delle autorità di regolamentazione.
I dati ESG non sono tutti uguali: mappare la complessità per decidere meglio
Quando si parla di “dati ESG”, si tende spesso a semplificare. In realtà, i dati realmente utili sono numerosi, eterogenei e spesso frammentati, distribuiti tra reparti, piattaforme e stakeholder diversi.
Alcuni esempi significativi includono:
● Consumi energetici e idrici
● Emissioni Scope 1, 2 e 3
● Incidenti sul lavoro e ore di formazione
● Gap di genere e politiche retributive
● Governance e presenza di sistemi anticorruzione
● Provenienza delle materie prime
● Tracciabilità della filiera
Per essere davvero utili, questi dati devono essere raccolti e gestiti in modo sistemico, coerente e verificabile. Solo così possono trasformarsi da semplice adempimento a leva strategica per le decisioni aziendali.
Dal dato alla decisione: come costruire un sistema ESG credibile e compliant
La reale sfida in ambito ESG, infatti, è spesso quella di saper “governare il dato” in azienda. Ottenere dati ESG è facile, renderli coerenti, comparabili e affidabili, invece, spesso lo è molto meno.
Per dimostrare conformità agli standard nazionale, oggi occorre una governance del dato chiara: chi raccoglie cosa, con che strumenti, secondo quali standard e, infine, dove e come questi dati vengono archiviati e messi a disposizione.
Molte aziende oggi si affidano ancora a fogli Excel, report manuali e input destrutturati. Il risultato? Errori, versioni multiple, difficoltà di controllo. Tutto ciò mina la qualità delle decisioni e l’affidabilità verso l’esterno.
Oltre la tecnologia: costruire una cultura del dato
Dotarsi di strumenti per la rilevazione e la misurazione, però, non basta. Serve una cultura aziendale in cui ogni funzione comprenda il valore del dato che gestisce. Dalla logistica al procurement, dall’HR alla produzione: ogni dato racconta un pezzo dell’impatto dell’azienda. Un ecosistema del dato funziona solo quando tutti lo abitano in modo consapevole.
Più che uno strumento, il dato diventa linguaggio comune. E in quel linguaggio si scrive il futuro dell’azienda.